domenica 28 febbraio 2010

la mia storia di sesso estremo....

ciao a tutti, sono giovanna, una studentessa che passa la settimana tra studio e corsi universitari e i weekend dandosi alla pazza gioia. 

ho avuto nella mia vita esperienze estreme e ve ne racconterò una di quelle.
il giorno in cui avevo passato il mio primo esame decisi di festeggiare in un bel locale.
andai lì a ballare e a bere qualcosa anche se il mio chiaro intento era quello di tornare a casa con la figa aperta e il culo dolorante.
era una serata speciale e sapevo che quella sera avrei sicuramento superato il limite.
appena arrivata lì bevvi una bibita e mi fiondai a ballare.
avevo una mini cortissima e un top micro. notai gia qualche ometto venire dalle mie parti.
io sorridevo e li provocavo strusciando il mio corpo su di loro. 
- tesoro ti va un drink? - mi fecero due di loro. anniusco. e 5 minuti dopo sto bevendo con loro. 
- che ne diresti se andassimo in un posticino più appartato? - proposi. 
ovviamenti finii nel parcheggio fuori dal locale. 
ci fumammo una sigaretta poi uno di loro mi baciò.
in breve tempo mi accorsi che da due erano diventati cinque, o forse di più. 
le loro mani mi accarezzavano le gambe. le aprii per far si che salissero su per la gonna. 
in breve mi trovai in balia delle loro mani.
uno mi palpava le tette. un' altro mi toglieva le mutande. un altro ancora spingeva la mia mano sul suo cazzo.
la prima mezz'ora furono solo baci e un alternarsi di cazzi tra le mie mani.
mi fecero inginocchiare. loro erano in piedi di fronte a me. e mi spingevano il loro pene in bocca.
mi si alterarono in bocca almeno 6 cazzi. 
succhiavo, succhiavo, succhiavo. quasi fino a farmi mancare il fiato. 
e ogni pene, gonfio di desiderio scaricava il suo sperma sulla mia lingua.
con la bocca carica di odori mi ordinarono di alzarmi. lo feci.
una mano mi masturbò con irruenza. uno di loro mi tenne ferma da dietro, un altro ragazzo si avvicinò, sentii il suo cazzo farsi spazio nella mia fighetta.
ci andava in profondità e con un ritmo decisamente veloce. 
poi quello dietro di me, spinse il suo nel mio ano.
quando mi fu completamente dentro sentii i miei due buchi dilatarsi agli invasori.
il mio ano ormai si era adeguato alle stratosferiche dimensioni del pene che ci era entrato.
mi passarono tutti. avanti e indietro.
una decina di cazzi entrare e uscire dalle mie gambe, rigorosamente aperte.
sentivo un bruciore insopportabile al mio ano, ormai sfondato letteralmente dalle selvaggie penetrazioni.
e mentre continuavano a rompermi culo e fica mi insultavano in tutto i modi.
scopai per tantissimo tempo, non so con quanti uomini...
tornai a casa senza mutandine. con la figa carica di sperma e il culo totalmente distrutto.

giovedì 18 febbraio 2010

la chiavata piu strana


Solo, dentro l'ascensore rapido che pencolava su un lato del grattacielo trasparente, e si arrampicava verso le nuvole, quattro
agosto a Kuala Lampur  forse contro ogni  logica, si accorse di avere 
una scarpa slacciata.
Panico. Follia, una scarpa slacciata. Iniziò a sudare, malgrado l'aria 
condizionata gelida che rendeva un frigorifero ambulante il cilindro 
d'acciaio e vetro in cui era imprigionato. Rivoli gli colarono dentro 
la camicia impeccabile, stirata solo un'ora prima. 
36esimo floor. Ancora una ventina, e sarebbe stato dinanzi a lei, il 
suo capo supremo, chinato come un cane a supplicarne la benevolenza. Il 
sudore si fece più copioso, la scarpa era allacciata perfettamente, 
adesso. Sotto, un oceano di tetti copriva la terra fra le acque, un 
mosaico di silenziosi formicai brulicanti come i vermi sul corpo di un 
animale morto. 
Barcollò.
La cintura gli stringeva in  vita, la camicia aderiva al suo petto 
depilato, affannato come un mantice: solo 24 ore prima era a casa sua, 
stravaccato con una birra sul divano pieno di molliche, poco prima che 
arrivasse il bip bip del messaggio cifrato con cui gli era stato 
ordinato di partire subito. La destinazione solo in aereoporto. 
Terza volta in un anno che accadeva. Fortunatamente poco, anche se 
aveva imparato a farsi piacere l'imprevisto, meglio se pericoloso. 
Lei lo aspettava nella sala luminosa , una scrivania perfettamente in 
ordine, i bagliori del sole attutiti  dal freddo dell'aria, tacchi 
altissimi sulle gambe splendide, riflessa nella luce dello schermo del 
PC, gli occhi fissi su di lui del colore fra il fuoco e della terra, 
magnifica e suprema, una dea dell'assoluto. 
Prese da un basso mobile un sottile frustino, lui si chinò e senza una 
parola iniziò a sbottonarsi i calzoni, poi li mollò giù insieme ai 
boxer: rimase seminudo, carponi, gli occhi bassi, in attesa.
Un solo colpo ben assestato, a disegnare rami scarlatti sulle natiche, 
poi le parole, dure , sferzanti: "mi obbedirai come sempre, lo so, sai 
cosa ti aspetta se non lo farai, stavolta la cosa è decisamente sopra 
le tue possibilità, ma tu lo farai".
Lentamente si avvicinò, tanto che lui poteva sentire il profumo che 
facevano le sue mutande, spinse il suo bacino contro il suo viso, le 
mani forti sulla nuca di lui, ed iniziò una cantilena di parole tenere, 
una voce da bambina dolce e folle: mentre sollevava la stretta gonna e 
metteva la sua fica all'altezza della bocca tremante di lui. 
Lui fece quello che ci si aspettava da lui, docile e mansueto, un cane 
di razza obbediente, non a caso lei era la sua padrona e da ogni suo 
gesto dipendeva la sua incolumità, e non solo nel corpo: ma allo stesso 
tempo stava esplorando con la lingua il suo paradiso personale e quello 
che lo aspettava un giochino semplice, rispetto a questo. 
Mortale ma semplice.
Il clitoride di lei duro nella sua bocca; gli umori sulle sue guance, 
nel suo naso;  il sapore di conchiglia algosa nel suo cervello , come 
un chiodo fisso.
Lei si staccò, infine: prese da un elegante contenitore una Magnum 
Parabellum e glielà passò, poi lo congedò dicendogli: " il resto a dopo 
", e chiuse con uno scatto le porte dell'ascensore.
Lui si guardò ed aveva ancora una volta la scarpa slacciata, ma adesso 
non era più importante.

SCRIVETE LE VOSTRE ESPERIENZE ED I VOSTRI CONSIGLI PER LA COLOMBIA...

SIAMO A CARTAGENA, QUI PER AVERE LE VOSTRE AVVENTURE SESSUALI CI SONO DIVERSI MODI.
IL PIU FACILE È ANDARE A ZOCCOLE (BISOGNA DIRE CHE CE NE SONO DI VERAMENTE GNOCCHE).
POI SI PUÓ ANDARE IN SPIAGGIA E CERCARE DI ABBORDARE QUALCHE RAGAZZA (C'È LA POSSIBILITÀ CHE SIA ZOCCOLA, PERCHÈ NORMALMENTE DI GIORNO CI VANNO PER ABBRONZARSI E, PERCHÈ NO, TROVARE UN CLIENTE AL DI FUORI DEL LAVORO).
UN'ALTRO MODO È QUELLO DI ANDARE IN GIRO PER NEGOZI E CENTRI COMMERCIALI (CE NE SONO DI BELLI) E COQUETAR (COME DICONO QUI) CON LE COMMESSE ( PER LE CLIENTI VALE LO STESSO DISCORSO DELLA SPIAGGIA).
CI SI PUO ANCHE APPOGGIARE AD UN ITALIANO CHE VIVE A CARTAGENA, PERCHÈ HA SEMPRE UN'AMICA OD UN'AMICA DELLA MOGLIE O RAGAZZA CHE VUOLE CONOSCERE UN'ITALIANO OD UNO STRANIERO IN GENERE.
COMMENTATE IL POST SCRIVENDO LE VOSTRE DOMANDE O LE VOSTRE AVVENTURE, SIETE I BENVENUTI!!!

...E PER IL RESTO DEL MONDO

Sudati al polo Nord

Esistono dei suoni in natura, capaci di indurre nell'uomo paure ancestrali.
Il ruggito del leone ad esempio. lo avete mai sentito di persona?
Vi risuona dentro facendovi vibrare come un diapason e c'è una frazione di secondo in cui non potete pensare altro che: SCAPPA.
Un altro di questi suoni è quello del ghiaccio sottile che si spacca.
So che molti di voi credono di sapere di che parlo, è un suono molto usato al cinema, nelle scene artiche, ma vi assicuro che se proviene da sotto i vostri scarponi chiodati, la faccenda assume tutto un altro tono.
Ogni mio muscolo riceve da quell'agghiacciante suono l'ordine di restare immobile. E' con un estremo sforzo di volontà che sollevo la mano, per segnalare a Jane, la mia collega, di non venirmi incontro. di restare immobile.
Inseguivamo un cucciolo di foca. quest'anno le nascite sono state sorprendentemente numerose e noi siamo stati colti alla sprovvista, non avevamo ancora finito di marchiare e trasponderare i cuccioli che già i primi di loro avevano cominciato ad allontanarsi dalle rispettive madri.
L'ultimo a cui non eravamo riusciti ad applicare il trasponder era partito in direzione dell'acqua proprio sotto i nostri occhi ed io e Jane avevamo raccolto un pò di attrezzatura e ci eravamo lanciati al suo inseguimento, allontanandoci di qualche chilometro dal campo base. una pessima idea.
Inseguire un cucciolo di foca, bianco che più bianco non si può, sul pack può risultare dannatamente difficile, in più una improvvisa bufera ci aveva tagliati fuori dal campo base, costringendoci ad insistere nell'inseguimento piuttosto che tornare indietro. lo avevamo beccato a pochissima distanza dalle prime fratture nei ghiacci, giusto in tempo per equipaggiarlo, prima di perderlo.
Sembrerà folle, ma solo una piccola percentuale di questi cuccioli sopravvive e se noi ci fossimo lasciati sfuggire questo e, per caso, lui fosse sopravvissuto, avremmo perso moltissimi dati preziosi e non ce lo potevamo permettere.
Sistemato Casper (Io e Jane avevamo affibbiato un nomignolo al cucciolo) lo stavo portando lontano dalla tenda, per liberarlo, quando il ghiaccio sotto i miei piedi a cominciato a scricchiolare.
Casper se l'è battuta appena libero e Jane, dopo cinque o sei minuti, non vedendomi rientrare mi è venuta incontro.
E così siamo in questa situazione, io immobile e lei a cinque sei metri da me, terrorizzata, che mi osserva.
-Riesci a venire avanti piano piano?- mi strilla.
Sposto appena la distribuzione dei pesi da un piede all'altro e il ghiaccio stride fortissimo.
-Ok. ok. abbiamo una corda sulla motoslitta.- dice, prima di voltarsi e correre fino al mezzo parcheggiato accanto alla tenda.
Ci salta su agilmente e percorre con attenzione metà della distanza tra me e la tenda, fermandosi nel punto in cui oltre sarebbe stupido spingersi con la slitta.
corda alla mano si avvicina lentamente a me ma il ghiaccio ora è più debole e deve fermarsi a quasi quindici metri di distanza.
Se ne sta lì con la corda in mano, titubante, non sa se riuscirà a farmela arrivare senza che io debba muovermi.
E' l'immagine della preoccupazione, mi guarda disperata coi suoi occhi celesti gonfi di lacrime e i capelli rossi che le frustano il viso. Non posso fare a meno di capire.
Per di più lei mi è sempre piaciuta. è in gamba, colta, sprizza energia da tutti i pori. è magra come un chiodo ma questo a me piace. come tutte le magre è il culo il suo punto forte, mentre il seno, piccolo e duro, non ama sottolinearlo, pensando non piaccia agli uomini. non sa quanto si sbaglia.
Continua a far oscillare la corda alla ricerca del tiro perfetto.
-Coraggio Jane, puoi farcela.- Dico
Il ghiaccio geme, con un rumore sordo, un rumore cupo, annunciando morte per chiunque non si degni di ascoltarlo.
Entrambi smettiamo perfino di respirare. tutto è immobile, tranne la corda che oscilla nella sua mano e i suoi capelli mossi dal vento.
-Ti amo.- E il ghiaccio si spezza.
Fare il bagnetto nelle acque polari senza una muta a 5 strati è, più o meno, come tuffarsi di pancia in una piscina piena di chiodi tricuspidi.
In un secondo la mia mente è offuscata dal dolore e i miei arti sono immobilizzati dalla morsa del gelo.
Sono i vestiti a portarmi a galla. ondeggio come un tappo di sughero e vedo che molte centinaia di metri quadrati di pack si sono staccate, passando nel punto dove stavo io, e si dirigono in mare aperto. Io ora galleggio a meno di un metro dalla nuova "costa" che sarà alta quaranta centimetri. non vedo Jane.
L'unica cosa che riesco a pensare è: Chissà se ha sentito cosa le ho detto.
Poi le sue mani spuntano dal bordo del ghiaccio, seguite dalla testa. rischia di cadere in acqua. l'adrenalina mi riattiva i muscoli e nuoto verso di lei, mi aggrappo al bordo e cerco di tirarmi su, lei mi aiuta, ma è impossibile, le gambe sono già quasi immobili e io così peso una tonnellata.
Jane fa un cappio con la cima della corda e me lo passa attorno al polso, poi fa un paio di giri di corda sul torace e infine mi consegna la fune.
-Non mollarla, non morire.- Mi ordina e retrocede strisciando sulla pancia, sempre guardandomi e ripetendo -Non mollare.- Spero di non deluderla.
Salta sulla motoslitta e parte a razzo. Salto fuori dall'acqua come un pesce pescato, Jane supera di slancio la tenda e io vengo trascinato fino a pochi metri dall'entrata di quel caldo rifugio di Nylon e Goretex.
Non so come lei riesca a trascinarmi, ma poco dopo siamo al coperto.
Come prima cosa schiaccia il pulsante rosso della radio, chiedendo così soccorso ma, con quella bufera, è inutile illudesi.
poi mi toglie gli scarponi e taglia il resto dei vestiti con una forbice da pronto soccorso. quando sono nudo come un verme mi getta addosso una coperta termica, dal lato per scaldare. e resta li a fissarmi, piangendo.
Accosta alla mia fronte il termometro che usiamo coi cuccioli.
-28 gradi... Mio dio- Geme.
Se la memoria non mi inganna sono a un grado dalla morte certa.
Jane inizia a spogliarsi. Tiene gli occhi fissi nei miei e si spoglia velocemente, non esitando minimamente a togliersi anche reggiseno e slip.
Tremo da capo a piedi e forse lei non vede dove vagano i miei occhi, ma non riesco a far a meno di guardarle il seno e il ciuffo di peli rossastri che le sormonta la figa. è bellissima. sento il cuore accelerare furiosamente i battiti quando si infila sotto la coperta, sopra di me e comincia a strofinarsi sul mio corpo.
Io sono poco più di un blocco di ghiaccio e non sento niente, ma posso vederla sopra di me, muoversi avanti e indietro, come se stessimo facendo l'amore e questo, lo so, migliora il mio flusso sanguineo, mandando il cuore al massimo.
nei punti dove il suo corpo è più caldo ritrovo la sensibilità perduta e posso avvertire il tocco morbido dei suoi seni sul petto e il caldo sfregare delle sue cosce sulle mie, il fuoco all'altezza dell'inguine.
gradualmente il mio corpo ritrova le funzioni vitali e una delle prime a tornare, una delle più antiche, uno dei migliori meccanismi di autoriscaldamento termico del corpo umano entra in funzione: il mio cazzo si erge tra le sue gambe, sia per lo sfregamento, sia perché sono sopraffatto dalla voglia di lei.
Risale ancora una volta e, sono certo, sente la mia durezza passandoci sopra con la figa. Il tatto è tornato e ho sentito distintamente l'umido passaggio su di me.
Occhi negli occhi cala ancora, penetrandosi fino in fondo e regalandomi il più intenso calore che il corpo di una donna possa offrire.
Rabbrividisce. -Cazzo...è come scopare con un pupazzo di neve...- Io ho smesso di tremare abbastanza da sorriderle, lei mi bacia.
Continua col suo movimento di bacino, portandomi velocemente a riacquistare tutto il calore perduto. Sono costretto all'immobilità finché il mio corpo non riavvia i suoi sistemi ed è lei a guidare l'amplesso, sempre più velocemente, sempre più intensamente.
Con estremo dolore faccio un check delle mie estremità e con i piedi sento il fruscio della coperta termica, le ginocchia si piegano verso l'alto e le mie dita, anche se intorpidite, afferrano decise le sue chiappe.
Irrompe in un urlo di gioia e sollievo, che si trasforma in piacere pochi copi dopo.
Riesco anche a sollevarmi in posizione seduta, continuando ad assecondare i suoi affondi con le braccia ed affondo la testa nei suoi seni, mordendole un capezzolo e stappandole ancora un urletto di piacere.
Non so se per il freddo, l'ipotermia o per chissà che miracolo ma sembro destinato a non dover venire mai.
Aiutato dalle ritrovate forze la sollevo e la lascio ricadere sul mio cazzo centinaia di volte, facendola venire altre due volte, prima che io senta l'orgasmo montare impetuoso nei testicoli e poi, con un urlo liberatorio, mi riverso anima e corpo dentro di lei, mentre il nostro respiro torna normale lentamente.
i suoi capelli rossi sembrano quasi neri appiccicati alla fronte dal sudore e lei passa una mano nei miei, fradici di acqua salata ma non per via dell'immersione in mare.
Jane poi si alza, va alla radio e comunica al campo base che l'emergenza è passata e che ci rimetteremo in marcia verso di loro tra dodici ore, quando è prevista la fine della bufera.
-Nel frattempo dovremmo valutare i danni subiti dal tuo corpo- Mi dice, accucciandosi e gattonando verso di me. -E mi spiace ma non puoi addormentarti per le prossime 12 ore.- aggiunge e la sua bocca è già sul cazzo. Sento il tocco morbido della lingua e chiudo gli occhi, inebriato dalla gioia di essere vivo ma anche di essere quasi morto.
-Il tatto funziona... sento la tua lingua, mmh sento la tua bocca...- Sono talmente eccitato dalla situazione che il mio arnese si riprende con discreta disinvoltura e Jane, impugnandolo alla base e sorridendomi dice: -Direi che anche il cazzo non ha niente che non va.-
Allora mi alzo e le salto addosso.
-Anche la forza nelle braccia direi che c'è.- La schiaccio pancia sotto e, una ad una, le infilo le dita in bocca, facendogliele succhiare. lei esegue ed è una visione eccitantissima.
-Dita ok.-Dico e la penetro. Comincio un lento e profondo movimento di bacino.
-Reni e Pelvi a posto... D... Direi.-Mugola lei.
Infilo i piedi tra i suoi e le faccio divaricare leggermente le gambe.
-Gambe e piedi sembrano sani.-Dico, continuando a muovermi dentro di lei.
-C'e un altro controllo che dobbiamo fare.- mi dice. -Sei entrato in un luogo troppo lubrificato per capire se sei davvero capace di una penetrazione efficace... dovrai provare in un pertugio più stretto per capire se non hai perso la tua virilità....- Sussurra.
-Davvero?- Le chiedo, eccitato e stupito.
-Si, ti prego.- risponde.
Traffico dietro di lei un momento, spargendo per quanto mi è possibile i suoi stessi umori sull'anello della muscolatura anale.
-Fallo!- Mi intima e io, obbediente procedo.
La storia della virilità era un po tirata, visto che non credo di avercelo mai avuto tanto duro in vita mia.
Mi appoggio, lei spinge ed in men che non si dica sono dentro.
Inizialmente sono lento e gentile ma i suoi mugolii mi spingono sempre di più ad una scopata animalesca, lei gode e si tocca ma la mia mano va subito a sostituire la sua.
-Si, si!- Strilla. -Ripetilo!- dice.
-C..Cosa?- Ansimo io.
-Lo sai!-
E io non vedo un solo motivo al mondo per non farlo.
-Ti Amo.-
-SIIIIIIIIIIII- Esplode e un secondo dopo la seguo.
Poi io crollo su di lei, siamo entrambi coperti da una leggera patina di sudore. sento quasi caldo.
Incredibile, eccoci qua, io e Jane, sudati fradici al Polo Nord.
Se per caso ve lo state chiedendo i dati de trasponder ci hanno detto che Casper è morto circa otto ore dopo aver lasciato la banchisa. Pappa buona per un orca, o uno squalo...